La danza: dalle origini alla nascita del balletto classico in occidente
di Mara CamelinLa danza è arte che ha origini molto remote. Nelle più antiche civiltà essa rappresenta sempre un’esperienza determinante nella vita del gruppo sociale. Per quanto riguarda l’antichità e le società precedenti a quella contemporanea possiamo infatti dire che la danza è strettamente connessa con:
- il rito, come partecipazione ai momenti fondamentali della vita della comunità;
- la religione, in quanto presenza teatrale nelle cerimonie e modello di adorazione del divino;
- il piacere, poiché entra nella qualità del privato e adorna in vario modo l’esistenza dei potenti;
- la guerra, la caccia, la lotta, come preparazione o festeggiamento;
- l’eros, nelle varie forme dell’iniziazione, della fertilità e del matrimonio;
- il mistero dell’al di là, come prefigurazione del mondo delle ombre, atto magico,preghiera e profetica visione.
La danza è la madre delle arti. Musica e poesia si determinano nel tempo, le arti figurative e l’architettura nello spazio: la danza vive ugualmente nel tempo e nello spazio. In essa creatore e creazione opera e artista fanno tutt’uno. […] La parola arte, però, non esprime tutto, e si esita perciò ad usarla: il suo significato attuale, troppo ampio e nello stesso tempo limitato, non riesce a rendere compiutamente la pienezza di vita della danza
1.
La danza delle origini
La danza primitiva è essenzialmente una danza di imitazione della natura, rituale: è danza guerriera, danza magica, danza sacra, danza della fertilità, rappresentativa di un momento importante della vita della tribù. L’uomo primitivo esprime danzando ogni tappa fondamentale della vita comunitaria, comunica le sue gioie, i suoi dolori, le sue paure e il suo bisogno di allegria. I movimenti principali della danza primitiva delle origini, sono i movimenti percussivi come il battere i piedi a terra, battere le mani, accompagnati dal ritmo semplice di due legni battuti uno sull’altro, un ritmo elementare come il ritmo cardiaco; anche i moduli coreutici erano semplici, si trattava, infatti, di danze in cerchio o in fila.
Nella società arcaica è essenziale il valore della danza come forma di contatto con l’ignoto, con le leggi sovrumane che regolano i cicli naturali: è il linguaggio usato dall’uomo primitivo per esprimere l’irrazionale, il trascendente. Ed è proprio qui che la danza nata dal naturale
passa al sovrannaturale e diventa simbolica e dunque religiosa, cessa di essere primitiva e assume connotati più ampi di cultura. I primitivi non pensavano certo di fare dell’arte o di realizzare dei balletti, ma con il crescere delle organizzazioni sociali,rapidamente il cerimoniale divenne vario e complesso sia nei movimenti che nella diversificazione dei ritmi.
Il momento di passaggio più importante nella danza primitiva e successiva, è quello in cui alle percussioni si aggiungono gli strumenti capaci di emettere note e non solo rumori: il flauto originale ovvero il giunco cavo col quale si poteva imitare il canto degli uccelli, produsse nella musica la linea continua. Su un ritmo spezzato percussivo i movimenti della danza erano gesti e passi violenti e staccati
, mentre su una linea melodica il gesto, i movimenti facilmente potevano essere in legato
morbido e fluido.
E come più complessa diviene la composizione musicale
con l’aggiunta di più strumenti musicali, così diviene più complesso il movimento e si differenziano le danze. Il gesto rallenta, il movimento del corpo si ammorbidisce e si conquista un’eleganza di armonie fisiche.
Dal rito alla scena
Sono molti i popoli che hanno lasciato testimonianze e immagini di danza come, e per citarne solo alcuni, gli Etruschi, gli Assiri, gli indiani, i Cinesi, gli Egizi, i Greci e i Romani.
Salomè danza davanti al re Erode una danza provocatoria e sensuale, e Davide fa la sua danza selvaggia e primitiva davanti a Dio. Se quest’ultimo trasporta nella religione la danza come forma di gioia partecipata fino all’estasi e momento comunitario della cerimonia, Salomè esprime il passaggio della danza al consumo edonistico, come piacere privato, e ci indica come la componente erotica si trasferisca dal collettivo all’individuale. E probabilmente al di là delle improvvisazioni cortigiane esisteva già un folto numero di professioniste e professionisti della danza.
La Grecia della civiltà ateniese, raffinata e squisita privilegiò il ballo come elemento di salute e di piacere, ma la danza è presente nella poesia, nelle tragedie, nelle profezie. La mitologia era spesso danzante: da una parte le baccanti seguaci del Dio Dioniso e dall’altra le ninfe espressione dell’armoniosa divinità di Apollo. Il culto di Dioniso esprime sensualità, violenza e gioia di essere: in queste affermazioni del collettivo, sopravvivono le impronte del passato, nel risvolto edonistico del privato, invece gli elementi primordiali si raffinano e diventano di scuola
.
La civiltà greca – come le precedenti orientali – avevano come fine la felicità terrena dell’uomo attraverso la sapienza, la filosofia, il coraggio le virtù civili e i piaceri del corpo. E la danza spirituale o di intrattenimento aveva dignità in una società dignitosa.
Con la decadenza della civiltà greca, la danza divenne sinonimo di volgarità, degenerazione.
I romani più rozzi dei Greci, a dispetto delle proibizioni e dei veti
consolari e imperiali si tenevano in casa i loro attori e ballerini, schiavi per lo più provenienti dalla Grecia e dall’Etruria, per adornare le loro feste e banchetti.
E gli attori recitanti e danzanti della pantomima romana, ebbero alterne fortune: protetti da imperatori gaudenti come Nerone e Caligola e cacciati da sovrani filosofi come Marco Aurelio.
In questa situazione si inserì la nuova religione cristiana, che per le sue origini orientali non fu certo, almeno all’inizio ostile alla danza come rito,sacralità. […] La nuova oligarchia cristiana abolì feste, convivi e simposi;lo spettacolo divenne triviale e degno solo di masse animate ancora da spiriti primitivi. La decadenza dell’Impero Romano travolse anche la cultura e la libertà di espressione
2.
A partire dalla caduta dell’Impero Romano si assiste ad un estremo impoverimento delle forme di danza: la volontà di condanna nei confronti del corpo di un atteggiamento spiritualistico esasperato, portava a considerare la danza come follia lasciva e roba del diavolo
–ricordando le parole di S.Agostino –.
La visione escatologica della religione Cristiana, secondo cui la vera felicità dell’uomo è e può essere solo ultraterrena, una volta liberatosi delle spoglie mortali e dunque del corpo, nell’abbraccio eterno dello spirito con il divino, è una visione che si inserisce nella tradizione filosofica del dualismo corpo-spirito che vede in Platone il suo massimo esponente. Tradizione che viene pienamente ereditata dal pensiero filosofico-religioso del Cristianesimo, contaminando in modo radicale l’interpretazione delle Sacre Scritture da parte dei Padri della Chiesa.
Il Medioevo fu un periodo culturalmente oscuro in cui l’umanità regredì abbastanza velocemente. D’altro canto si apre un periodo di grandi sciagure: malattie e povertà si intrecciano alla violenza delle devastazioni barbariche e non si insedieranno più raffinate civiltà orientali ma rudi poteri nordici. Allora che l’umanità di questo periodo assuma come simbolo maggiore la morte, non deve sorprenderci.
E cosa resta della danza? Si connota come danza macabra
, morte personificata, scheletro, mummia, tutti simboli che ricordano il necessario passaggio dell’uomo per raggiungere la vita eterna. Ma saranno le parti più lontane dai centri del potere ecclesiastico, i villaggi, le periferie, a conservare una certa arte e cultura popolare, mantenendo i loro riti, abitudini e perfino alcune delle loro più pagane abitudini con feste e balli.
Non c’è più al vertice dei valori della vita il piacere di vivere e di essere, e il corpo fonte di tentazioni e peccati deve essere nascosto e imprigionato poiché rischioso ricettacolo di demoni.
La rinascita della danza
Dopo l’anno mille il clima culturale e sociale iniziò a cambiare: la danza d’evasione comincia a rifiorire nelle canzoni a ballo
duecentesche che si eseguono nelle corti italiane e francesi. Accanto ai tornei e alle battaglie, nacquero di nuovo gli intrattenimenti, nutriti dalle danze conservate nella tradizione popolare. La cultura umanistica afferma nuovamente i valori etici terreni, asserendo di conseguire la felicità nel corso della vita terrena, negando così l’alienazione del corpo: piegare totalmente l’essere
umano al dogma religioso è di per sé qualcosa di innaturale. Certo i valori che si affermano in questo periodo hanno comunque un senso di trascendenza, poiché ciò a cui si tende é il modello perfetto ed eccellente dell’uomo
, un’idealizzazione dell’umano che socialmente si esprimeva solo in dimensioni aristocratiche. E questo si riflette anche nella danza: le danze nobili erano molto formali, con movimenti lenti e solenni, inchini e omaggi, come la “bassa danza” ballo favorito a corte nel primo Rinascimento; le danze popolari erano violente, rumorose e soprattutto spontanee; molte di esse passarono alle corti modificandosi ma conservando il loro nome, una delle più diffuse fu la moresca
che traeva origine dal rapporto di dominazione tra Spagnoli e Mori. Queste danze erano collegate alla riscoperta dell’amore come sentimento libero e liberato, che ritroviamo nelle canzoni trobadoriche come nei grandi testi letterari basti pensare a Dante e Petrarca. Ed è proprio nella perdita di spontaneità e la progressiva strutturazione ordinata e precisa dei movimenti coreutici che la danza d’èlite o della classe dominante si differenzia dalla danza popolare. Esito di questo processo è la nascita quattrocentesca del teorico e maestro di danza, tra tutti il più noto è Guglielmo l’Ebreo da Pesaro. La tradizione della danza, che nel Medioevo la Chiesa aveva cacciato dalla società ufficiale, era rimasta viva prevalentemente nei ghetti e nelle periferie. Gli ebrei avevano mantenuto viva una propria tradizione di festa con regole e maestri, molti dei quali si inseriscono nella società cristiana con intelligenza e capacità tecniche.
Le corti delle Signorie Italiane dal XIII al XVI secolo, estremamente raffinate, colgono la duplice importanza politica delle feste e pubbliche manifestazioni: da un lato luogo per il libero sfogo di tensioni altrimenti difficilmente controllabili, e d’altro canto simbolo di quella ripresa dello slancio per una vita terrena, così duramente mortificata nei secoli precedenti, di cui esse, attraverso l’autocelebrazione si fanno promotrici. Se grande importanza hanno dunque le feste pubbliche (le più imponenti sono i Tronfi
con carri allegorici, canti, danze e clowneries) ancor di più ne hanno le feste di corte sempre più ricercate: le nobili Signorie vogliono non solo intrattenimento, seppure con i migliori talenti del momento, ma veri e propri spettacoli ad organizzare i quali chiameranno alla loro corte i migliori coreografi,registi e tecnici. Ricordiamo che lo stesso Leonardo da Vinci sarà un maestro nell’organizzazione di prodigi tecnici applicati all’arte.
Il teatro e la rappresentazione riprendono fiato
: le novità della prospettiva in pittura e della polifonia in musica ampliano e arricchiscono le facoltà rappresentative, basti pensare al teatralissimo gioco dell’illusione. Gli argomenti non sono quasi mai realistici, verranno rievocate storie bucoliche e mitologiche, divine e infernali ma con gli strumenti e le acquisizioni della nuova realtà conoscitiva e sociale.
Dal balletto di corte - ballet de cour - al balletto classico
Nel 1581 accade in Francia qualcosa che decreta il passaggio dall’Italia alla Francia dell’intrattenimento cortigiano. Il 15 ottobre del 1581 per la celebrazione di un matrimonio della famiglia reale a Parigi, Caterina de’ Medici, ordina un festeggiamento a dovere: nasce il primo balletto della storia dove la danza è dominante e organizzata, lo spettacolo ha per titolo Ballet comique de la reine. L’origine del ballet è italiana poiché il punto di partenza è quello degli intermezzi: il logico e inevitabile riferimento è alle feste e alle prodezze del nostro Rinascimento. Sia nel caso di intermezzi di pranzi o di piccoli spettacoli autonomi
, le entrées indicavano le apparizioni dei danzatori professionisti o quasi, nel recitato o nel cantato o in alternanza a questi. Il balletto era solitamente seguito da balli di intrattenimento cui partecipavano la corte e suoi ospiti.
Il raffinato balletto curtense italiano diviene riferimento e modello per lo sviluppo di analoga tradizione in Francia, Inghilterra e Spagna.
La tecnica coreutica nutrita dai contributi della tradizione popolare, codificata nei trattati italiani per nobili dilettanti, si diffonde in tutta Europa ponendo le basi dei successivi sviluppi nazionali, come la danza barocca spagnola e la danza accademica francese.
Italiano è anche il coreografo e ordinatore dello spettacolo
del Ballet comique de la Reine, Baltazarini di Belgioioso, che giunto in Francia nel 1555 è ribattezzato Balthazar de Beaujoyeux.
Il termine comique va inteso nel senso di drammaturgia di una commedia, anche se il soggetto è allegorico e si riferisce al mito di Circe. Si tratta di uno spettacolo misto in quanto comprende recitazione, musica, ballo, e canto.
La grande innovazione del Balthazar, oltre a privilegiare la danza, fu quella di imporre una visione nuova dello spettacolo cortigiano: pubblico e attori si separano, si assiste all’evento teatrale e alla fine si partecipa. Entra dunque in gioco il giudizio e non solo il piacere. La formula è subito imitata e si fa modello per il futuro. Le cronache ci dicono che lo spettacolo, della durata di sei ore e costosissimo, vantava la musica di vari autori e numerosi interpreti, nonché carri allegorici, macchine ed effetti scenici per stupire il pubblico e per evidenziare la unicità e assolutezza dello spettacolo, di cui non vi furono repliche. L’azione si svolgeva nella sala, con il pubblico intorno: ancora non si era individuato uno spazio speciale, ovvero il palcoscenico.
In sintesi possiamo dire che il Ballet de la reine era una sintesi di cultura e invenzione, in un ricco spettacolo di radici colte e cortigiane. Nei periodi successivi si arriverà alla separazione delle varie forme di spettacolo in generi distinti, opera, ballo, pantomima e concerto. Comunque nel 1581 si posero le basi della comèdie-ballet dei tempi di Luigi XIV.
Il Seicento è il secolo delle prime macchinose scenografie barocche, dei primi coreografi e danzatori di fama mondiale: e se la corte di Francia è la capitale del balletto di corte, è pur vero che l’importanza crescente della rappresentazione cantata in Italia (il melodramma da cui sarebbe nata l’opera tradizionale) dove i personaggi non sono più simulacri e simboli o fredde evocazioni del passato ma diventano più vicini al vero, fa compiere un passo in avanti sul piano dell’espressione, rispetto al ballet de court e alle storie classiche mitologiche o eroiche.
Il Ballo delle Ingrate di Claudio Monteverdi del 1608 è un ballo-melodramma rappresentato alla corte di Mantova in occasione delle nozze di Francesco Gonzaga e Margherita di Savoia, dove vengono mostrati sentimenti di dolore e di pietà. Le Ingrate, ossia le donne che in vita fecero soffrire i loro amanti, sono richiamate dall’Inferno per esprimere il loro dolore e pentimento. L’intensità delle emozioni sostenuta dal canto e dal ballo appare altamente innovatrice. Non se ne conoscono i temi coreutici, ma certo è che doveva trattarsi di movimenti signorili con annotazioni pantomimiche, secondo il gusto dell’epoca, come del resto ha dettagliatamente descritto Federico Follino in una relazione dei festeggiamenti: Calarono le Ingrate […] e giunte sul piano del teatro fecero un balletto così bello e vago, con passi, con moti e con atti ora di dolore et ora di disperazione …
3.
L’arte di Monteverdi ha sicuramente un significato fondamentale per l’evoluzione dello spettacolo in generale: Monteverdi propose forse per primo la figura del compositore moderno indipendente e in grado di scegliere gli argomenti, anche se spesso la sua produzione è stata legata alle celebrazioni cortigiane. Ma la danza è considerata ancora proiezione visiva del componimento musicale e poetico, dove i poemi cavallereschi del Torquato Tasso e dell’Ariosto sono messi sullo stesso piano di Omero e Virgilio.
L’Inghilterra diede vita ad un genere di spettacolo chiamato maske derivato dal Ballet de Court ma che diviene presto culturalmente autonomo. Si trattava di uno spettacolo misto, allusivo, colto e ricco di ambizioni sceniche: danzatori mascherati intervenivano alle feste di corte con entrate – entrées – su testi specifici; autori come Ben Jonson e Inigo Jones resero il maske uno spettacolo di grande dignità artistica, non di solo divertimento ma vera e propria azione teatrale, all’altezza della grande cultura elisabettiana.
Le entrées diventate ormai importanti, sempre più ordinate e definite come veri e propri numeri di danza, non intaccavano i temi celebrativi, ma sicuramente insidiavano il ruolo dominante del prodigio tecnico. Richiedevano sempre maggiore bravura e professionalità per la loro esecuzione: la logica conseguenza è la nascita delle prime scuole di balletto garanti di un insegnamento professionale.
Se il fiorire delle scuole di balletto garantiva la professionalità dei danzatori, la trasmissione e documentazione delle regole e stili fu affidata ai testi scritti: tra questi citiamo i testi fondamentali come il Ballarino
di Fabrizio Caroso da Sermoneta del 1581, che tratta della danza cortigiana, aulica e cerimoniale e l’ Orchéosagrafie
di Thoinot Arbeau, pubblicato nel 1588, un trattato che compendia due secoli di danza e di storia.
Nel Seicento in Italia si accentuerà l’interesse per il melodramma ma allo stesso tempo fiorisce in molte città italiane una rigogliosa tradizione di balletto patrocinato dalle corti ma anche da famiglie nobili,oppure da ambasciate straniere, collegi religiosi, collegi dei nobili che, a causa del declino politico e del clima oppressivo controriformistico, si sostituiranno alle corti nella produzione di spettacoli e nell’elaborazione di nuove forme.
Luigi XIV in Francia darà ordine e struttura alle attività artistiche e teatrali con la creazione delle accademie: tra queste l’ Académie Royale de Danse (1661), considerandole un vanto per il suo potente regime. Fu proprio Luigi XIV che nel 1653, allora quattordicenne, danzò nel Ballet royal de la nuit, insieme a Pierre Beauchamp, danzatore e fondatore della scuola francese nonché coreografo del balletto, e Jean Baptiste Lully che cura le musiche, fiorentino di nascita e francese per assimilazione. Il re danza nel ruolo del sole, da cui il suo appellativo. Il balletto che segna l’apogeo ma anche la fine del tradizionale stile di corte a entrées, narra in chiave fantastica ciò che accade a Parigi dal tramonto al mattino.
Nel balletto di corte francese la partecipazione del Re alle entrées e la partecipazione della nobiltà al ballo finale conferma il concetto di festa e la non separazione effettiva tra artisti e nobiltà. In Italia la rappresentazione teatrale anche danzata evolveva rapidamente verso una sempre maggiore autonomia e separazione tra pubblico e artisti, che porterà alla nascita del teatro a pagamento e del cosiddetto teatro all’italiana, con la costruzione di teatri stabili dotati di una struttura permanente a partire dal 1637.4
Il balletto di corte viene soppiantato in Francia dalla comédie-ballet dove trionfa il genio teatrale di Jean Baptiste Poquelin in arte Moliére, che insieme a Lully per la musica e Beauchamp per la danza, sarà la triade preziosa di Luigi XIV. Ignari precursori del teatro moderno, con il loro lavoro affronteranno temi di critica sociale con una sapiente satira, grazie soprattutto alla penna di Moliére.
Esemplare la commedia Il Borghese gentiluomo
, rappresentata per la prima volta nel 1670, capolavoro di graffiante comicità nel raccontare le vicende di un nuovo ricco che, nel desiderio di eguagliare i nobili, è oggetto di prese in giro e derisioni. Nella commedia vi erano cinque parti di balletto e il teatro prevaleva, ma le componenti artistiche avevano pari dignità e considerazione.
Perduti i favori del re, Moliére dovette abbandonare il terzetto, mentre Lully e Beauchamp continuarono a lavorare insieme: l’importanza crescente della musica e la preferenza data al canto rispetto alla recitazione segnò il passaggio prima alla tragédie lirique e poi all’ opéra-ballet.
La tragédie lirique nasceva come reazione all’importazione, voluta dal potente Cardinale Mazzarino, del melodramma italiano: l’intento era quello di creare un genere che incontrasse maggiormente un gusto nazionale e che si distinguesse da quello italiano. Nella tragédie lirique, rispetto all’opera italiana più attenta alla drammaturgia e al virtuosismo dei cantanti, vi era la presenza di cori, cantanti specializzati nella declamazione aulica francese e soprattutto la danza che ne era parte essenziale e non confinata fra gli atti. Inoltre sono ammesse sulla scena le danzatrici, che interpretano ruoli precedentemente assegnati a danzatori en-travestie.
Lully morì nel 1687 e ad affiancare Beauchamp alla guida dell’ Académie Royal de Musique et Danse (nata nel 1672 dalla fusione delle accademie di musica e di danza, nonché futura Opéra National de Paris) fu nominato il musicista Jean Philippe Rameau,che diede impulso all’opéra-ballet, in seguito indicata più comunemente con il termine ballet.
Questa nuova forma lirico-coreografica è una forma mista di canto e danza dove la storia è condotta dai cantanti mentre tutti gli elementi di contesto e intrattenimento sono assegnati ai danzatori: ed è proprio qui che ha luogo il passaggio al balletto come i nostri occhi moderni lo considerano.
L’impulso dato alla danza dalla corte francese ne determinò la crescente importanza: non solo all’interno della rappresentazione, ma nel tessuto sociale divulgando la conoscenza di quest’arte uscendo dai teatri di corte, accademici e dalle sale di palazzo, inaugurando i bals publics in occasione di tutte le manifestazioni artistiche al di fuori del circuito accademico, come ad esempio le fiere. La Francia che all’inizio del settecento avrà politicamente un ruolo egemone in Europa detterà il passo anche per larga parte delle espressioni artistiche e ancor più per la danza.
Lo stile accademico francese sarà assimilato ed emulato da diversi stati europei. La danza considerata portatrice di un metodo razionale di educazione fisica e motoria, viene consacrata come modello di gusto e segno di distinzione.
1 Curt Sachs, Eine Weltgeschichte des Tanzes, A. G. Berlin 1933, trad. it. Tullio De Mauro, Storia della Danza
, Il Saggiatore economici, 1a ed., 1994, p. 21.
2 Mario Pasi, La danza e il balletto, Guida storica dalle origini a Béjart, Ricordi/Giunti Martello, Firenze,1983, pp.27 e 28.
3 Ornella Di Tondo, Storia della danza in Occidente, vol. I, Gremese International, Roma, 2015, p.145.
4 La nascita dei teatri a pagamento risale al 1637 grazie ad un gruppo di artisti romani e veneziani che aprì a Venezia il primo teatro pubblico a gestione impresariale della storia italiana, il San Cassiano. Cfr. O. Di Tondo, Op. cit. p. 187.
© RIPRODUZIONE RISERVATA (03/01/2019)